Di Costantino Paolicchi
Foto di Andrea Bartolucci
Una ricerca fotografica che punta l’obiettivo sul lato estetico e metafisico delle cave di marmo delle Alpi Apuane. Lontano dal negare la fondamentale salvaguardia ambientale, Bartolucci con le sue immagini esalta la bellezza di questi paesaggi, suggerendo nuove strade nella prospettiva di un corretto e armonico rapporto tra attività produttive e territorio.Le stanze del cielo è una pubblicazione che propone, mediante la ricerca fotografica di Andrea Bartolucci, un percorso sulle e dentro le Alpi Apuane dedicato agli ambienti e ai paesaggi delle cave di marmo che, soggette da oltre duemila anni al lavoro degli uomini, hanno impresso nella catena montuosa un carattere esclusivo, destando – ieri come oggi – l’ammirazione di visitatori, viaggiatori, artisti e imprenditori provenienti da ogni parte del mondo.
Andrea Bartolucci ha condotto il suo lavoro in un lungo arco di tempo, visitando i siti estrattivi ancora in attività o abbandonati da anni sulle montagne di Carrara e della Versilia, individuando aspetti di rilevante interesse paesaggistico, ambientale, culturale, antropologico. Le sue fotografie – risultato della sedimentazione di una solida preparazione tecnica unita ad una esemplare sensibilità artistica e umana, e di una assidua frequentazione delle Apuane – interpretano la luce, i colori, le architetture e le geometrie prodotte nella montagna dal plurisecolare lavoro dell’uomo.
In genere gli autori, nell’affrontare fin dalla seconda metà dell’Ottocento le tematiche compositive che le cave di marmo suggeriscono, sono stati fortemente influenzati dalla presenza umana, dalle situazioni legate alle tecniche estrattive, alle diverse fasi del ciclo produttivo, riservando particolare attenzione ai personaggi che animano questo micro-universo: cavatori, tecchiaioli, filisti, riquadratori, lizzatori. Le fotografie risultano pertanto vive testimonianze del lavoro in cava e dei mutamenti tecnologici che hanno profondamente trasformato, almeno a partire dai primi anni del Novecento, gli ambienti e i paesaggi apuani.
Diversamente, Andrea Bartolucci ha volutamente omesso la presenza umana: le sue fotografie raccontano il grande silenzio della montagna quando le cave sono inattive, o perché abbandonate o perché temporaneamente chiuse, come nei giorni di festa. È allora che senza i rumori – spesso assordanti – di macchine taglia blocchi, pale meccaniche, gru e camion, la cava rivela una dimensione assolutamente inconsueta, quasi metafisica, dove è possibile cogliere i segni e le stratificazioni del lavoro nei tagli prodotti nel monte dal filo elicoidale (oggi dalle taglia blocchi a catena diamantata), nelle pareti verticali che disegnano geometrie di marmo, nelle incredibili architetture che delimitano le “stanze del cielo”: luoghi capaci di comunicare emozioni profonde, di sollecitare riflessioni e tensioni creative, di indurre momenti di elevata spiritualità.
Nel silenzio delle “sue” cave l’obbiettivo di Bartolucci opera il prodigio di una trasfigurazione, rivelando come ambienti di fatica e di pena, dove gli uomini ancora oggi mettono a rischio le proprie vite per guadagnarsi il pane, divengano cattedrali di pura bellezza costruite togliendo, fino a penetrare nel cuore della montagna dove ciascuno può identificare il suo sancta sanctorum, e attingere sconosciute energie dalla luce riflessa su quelle pareti a specchio, di un bianco accecante che dilata lo spazio.
Bartolucci è riuscito a ristabilire un dialogo tra la natura incontaminata delle Alpi Apuane e le cave che ne operano la progressiva trasformazione. Bartolucci rivendica, senza schierarsi, i significati e i valori che le cave, nonostante tutto, apportano alla catena apuana come patrimonio aggiuntivo e per molti versi esclusivo sotto il profilo storico-culturale e paesaggistico. Le cave da oltre duemila anni sono componente primaria della cultura e della tradizione dei paesi del marmo: I paesi della pietra piegata2.
Del resto, le Alpi Apuane sono assai più conosciute nel mondo per le cave di marmo che non per le loro peculiarità naturalistiche. Una bella mostra dal titolo Cava, allestita nei suggestivi ambienti della Fondazione Arkad a Seravezza, a cui Bartolucci ha partecipato, aveva per sottotitolo La cava di marmo bianco come un’opera d’arte scolpita nella natura. Questa mostra ha avuto come tema la cava di marmo vista proprio come un’opera d’arte «…da ammirare e tutelare, con l’obbiettivo di valorizzare ed apprezzare l’indiscutibile bellezza artistica ed il fascino da sempre emanato dalle montagne di marmo.»
Ciò non significa non riconoscere l’importanza della salvaguardia ambientale nella prospettiva di un corretto e armonico rapporto tra attività produttive e territorio, ma si vuole indicare nuove possibilità di valorizzazione e sviluppo delle Apuane nella riconsiderazione delle cave anche da un punto di vista estetico.
Marmo 11, pag 6
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